INTERVISTA CON ENRICO DAL COVOLO DI STEFANIA FALASCA
Di certo un traguardo importante, per la causa che porterà agli onori degli altari il “Papa del sorriso”. Il prossimo 11 novembre, festa di san Martino di Tours, si concluderà l’inchiesta diocesana del processo di beatificazione e canonizzazione di Albino Luciani. La solenne celebrazione si svolgerà nella Cattedrale di Belluno. Il salesiano don Enrico dal Covolo, 55 anni, postulatore generale della famiglia salesiana, è il postulatore della causa. Don Enrico, che insegna Letteratura cristiana antica all’Università Pontificia Salesiana di Roma, è di origine veneta, come Luciani, anzi è nativo di Feltre, la stessa diocesi di Canale d’Agordo, paese natale di papa Luciani. E ricorda quando don Albino s’intratteneva a giocare con lui bambino a dama e a scacchi in casa della nonna paterna. Suo zio, infatti, era monsignor Antonio dal Covolo, che fu preside del Seminario Gregoriano di Belluno nei medesimi anni in cui Luciani era vicario generale della diocesi, e così aveva spesso occasione di incontrarlo. La causa di Giovanni Paolo I gli è giunta in “eredità” dal precedente postulatore dei Salesiani, don Pasquale Liberatore, il 9 dicembre del 2003. «È stata un’eleganza della Provvidenza» commenta il postulatore. Ed è a lui che chiediamo di spiegarci i passi compiuti e imminenti di questo processo.
Don Enrico, tre anni fa, il 23 novembre 2003, si apriva solennemente nella Cattedrale di Belluno la causa di beatificazione e di canonizzazione di papa Albino Luciani. Il prossimo 11 novembre in quella stessa Cattedrale si concluderà la prima tappa del processo. Come si è giunti a questa decisione?
Enrico Dal Covolo: La data è stata fissata nel corso di un incontro avuto con il vescovo di Belluno, monsignor Giuseppe Andrich, lo scorso 1° giugno. Alla presenza anche del vicepostulatore della causa, monsignor Giorgio Lise, e del giudice delegato del Tribunale per l’inchiesta diocesana, monsignor Attilio Giacobbi, sono stati esaminati i passi e il lavoro compiuto in questi anni dal Tribunale e dalla Commissione storica e si è così giunti alla decisione di celebrare la conclusione della fase diocesana del processo proprio nella festività di san Martino di Tours, patrono di Belluno. L’incontro si è svolto nell’occasione di un convegno sulla figura del vescovo salesiano Vincenzo Savio, morto due anni fa in concetto di santità, e al quale si deve l’apertura della causa di papa Luciani.
L’introduzione della causa e gli inizi dell’inchiesta diocesana sull’eroicità della vita e delle virtù di papa Luciani sono stati infatti strettamente legati al ministero episcopale dell’allora vescovo di Belluno Savio. Può ricordare i motivi che spinsero il vescovo a richiedere che non Roma ma Belluno fosse la sede del processo per Giovanni Paolo I?
Dal Covolo: L’8 giugno 2003 monsignor Savio comunicava alla sua diocesi di aver ottenuto dal Vicario di Roma il nulla osta di fronte alla sua richiesta di trasferire da Roma a Belluno la sede del processo diocesano per la beatificazione e canonizzazione di Albino Luciani. In linea di principio, infatti, il Tribunale diocesano competente avrebbe dovuto essere quello di Roma, dove era avvenuta la morte del Servo di Dio. E in quell’occasione il vescovo spiegò le ragioni che l’avevano portato a questa richiesta. Albino Luciani aveva vissuto la sua infanzia, la formazione seminaristica, il suo servizio presbiteriale e di vicario generale nella diocesi di Belluno fino all’età di 46 anni. E i suoi impegni da vescovo non lo avevano allontanato dalla natia terra veneta se non per i 33 giorni del suo pontificato. Affiancava a queste motivazioni anche la possibilità di approfondire il contesto della fede familiare e paesano in cui era cresciuto, di capire la particolarità della formazione nei seminari di Feltre e di Belluno, da cui uscirono anche in quegli anni altre figure di spicco, come padre Felice Cappello e padre Romano Bottegal, già avviati agli onori degli altari.
Ci furono anche altre ragioni che spinsero il vescovo Savio ad avviare la causa di papa Luciani?
Dal Covolo: In una sua lettera indirizzata al neoeletto rettore maggiore dei Salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, il vescovo scriveva: «Mi hanno indotto a questo passo le oltre trecentomila firme di petizione che ci sono pervenute, unitamente alla richiesta solidale di tutto l’episcopato brasiliano. A questo va aggiunta l’urgenza di coordinare il pullulare di iniziative disparate promosse in tutto il mondo da devoti a favore della beatificazione di papa Luciani». Monsignor Savio giustificava inoltre la richiesta che il postulatore della causa fosse il postulatore generale dei Salesiani, scrivendo tra l’altro: «I Francescani hanno offerto il postulatore per papa Giovanni XXIII, i Gesuiti per Pio XII. Come salesiano mi sarebbe quanto mai gradito affidare alla nostra Congregazione la causa di Giovanni Paolo I».
L’apertura del processo nella Cattedrale di Belluno fu però segnata da due tristi notizie…
Dal Covolo: Monsignor Savio aveva già annunciato alla diocesi di essere colpito da una grave malattia, purtroppo un tumore, che di fatto lo condusse alla fine della vita nel marzo del 2004. Neppure un mese prima della data della solenne apertura del processo era morto improvvisamente il postulatore a cui il vescovo aveva affidato la causa, don Pasquale Liberatore, che aveva preparato con grande sollecititudine la documentazione necessaria per l’inizio dell’inchiesta diocesana. Don Pasquale aveva dedicato le ultime ore della vita a predisporre il formulario per l’interrogatorio dei testimoni da udire nel processo. Si era spento nel pomeriggio del 30 ottobre del 2003 con il tavolo dell’ufficio ancora ingombro di queste carte. Nonostante tali lutti tuttavia l’andamento del processo non subì rallentamenti.
L’inchiesta diocesana in questi tre anni è andata avanti speditamente. Quale lavoro è stato compiuto?
Dal Covolo: Si è tenuto conto delle varie sedi attraversate da Albino Luciani nella sua vita e in modo particolare delle diocesi di Feltre e Belluno, di Vittorio Veneto (dove fu vescovo dal 1958 al 1969), di Venezia (dove fu patriarca dal 1969 al 1978), e della sede petrina, negli ultimi 33 giorni della sua vita. In ciascuna di queste sedi sono state compiute delle ricerche, raccolti documenti e interrogati i testi chiamati a deporre dal Tribunale. L’inchiesta diocesana si compie infatti soprattutto in due momenti: l’audizione dei testimoni, citati in apposite sedute del Tribunale, e il lavoro della Commissione storica, che deve esaminare gli scritti inediti e alla fine deve presentare una relazione di sintesi con l’elenco degli archivi visitati, la lista degli scritti e dei documenti reperiti e gli stessi scritti e documenti in originale o in copia autentica. Tutto questo lavoro, sia del Tribunale che della Commissione storica, è ormai quasi concluso, mancano ancora alcune testimonianze dalla diocesi di Roma.
Quanti testimoni sono stati interrogati?
Dal Covolo: Centosettanta.
Dopo la chiusura della fase diocesana del processo quali saranno gli ulteriori passi da compiere?
Dal Covolo:Nel momento stesso della conclusione del processo diocesano i relativi atti verranno trasferiti a Roma, presso la Congregazione delle cause dei santi, che è chiamata innanzitutto a dare validità canonica agli atti stessi, riconoscendone il corretto svolgimento. Sulla base di questi atti, riconosciuti e sanciti dal decreto super validitatem, verrà poi preparata la cosiddetta Positio, cioè il dossier che deve dimostrare definitivamente l’eroicità della vita e delle virtù, nonché la fama di santità del servo di Dio. A Positio conclusa e consegnata, seguiranno due sessioni di esame, una da parte del Congresso peculiare dei consultori teologi, e una da parte della Congregazione ordinaria dei cardinali e dei vescovi.
Normalmente questo iter della fase romana del processo quanto tempo comporta?
Dal Covolo: Dieci-quindici anni di tempo. Quando però giunge un segno dall’alto, cioè un miracolo, i tempi vengono accorciati.
Nel caso di Giovanni Paolo I ci sono già segnalazioni di miracoli?
Dal Covolo: Non mancano certo segnalazioni di grazie speciali ottenute per intercessione del servo di Dio. Il Centro papa Luciani a Belluno, diretto da monsignor Giorgio Lise, ha raccolto a questo riguardo una documentazione davvero notevole. Per un vero e proprio miracolo tuttavia bisognerà attendere. Anche se, possiamo dire, è stato segnalato ed è attualmente allo studio un caso che potrebbe avere validi elementi per essere seriamente considerato ai fini della causa; si tratta di una repentina e permanente guarigione da linfoma maligno per il quale i medici si erano pronunciati con prognosi decisamente infausta.
Dove è accaduto questo presunto miracolo?
Dal Covolo: È avvenuto in una diocesi dell’Italia meridionale. Per ora non si può dire di più. Il paziente, vivente e in salute, da allora non ha più avuto nessuna recidiva. Sono trascorsi ormai 14 anni.
A chi spetterà provarne l’autenticità?
Dal Covolo: Ai tribunali competenti. Anche per il miracolo infatti si istruisce un processo, con una fase diocesana, dove il presunto miracolo è avvenuto, e una fase romana, presso la Congregazione delle cause dei santi, dove i fatti verranno vagliati in maniera conclusiva. Il definitivo riconoscimento del miracolo da parte del Papa aprirà immediatamente la strada alla beatificazione.
È quindi possibile ipotizzare che si arrivi alla beatificazione di papa Luciani in tempi brevi?
Dal Covolo: Per ora abbiamo fissata una data che è quella della chiusura della fase diocesana del processo. Una tappa importante. L’iter dovrà poi fare il suo corso. Siamo tuttavia molto fiduciosi.